Vicenza chiama, Roma non risponde. E allora tutti a Roma!

I numeri della manifestazione di Vicenza parlano da soli: oltre 200.000 persone provenienti da tutta Italia dimostrano che la “variabile indipendente” del movimento contro la guerra italiano non è stata azzerata.

Il popolo della pace si è mosso imponendo ancora una volta nell’agenda politica nazionale questioni ineludibili: il rifiuto netto ad una nuova base U.S.A. al dal Molin, coscientemente legato al no alle guerre senza se e senza ma, mettendo così in discussione la collocazione internazionale dell’Italia, le alleanze e le strategie che vedono impegnate le nostre truppe in Afghanistan, Libano, Balcani, Iraq (ad addestrare ed armare l’esercito fantoccio di Bagdad) e in altri scenari prebellici.

Di fronte a questa grande manifestazione di popolo, tutti gli esponenti di spicco del governo Prodi ribadiscono in questi giorni un si alla base indorato dalla pillola della “riduzione dell’impatto sulla popolazione”. Dopo la riduzione del danno per gli afgani siamo ora alla riduzione dell’impatto per i vicentini. Su questa strada si agita l’ipotesi della conferenza sulle servitù militari, implementando così una linea politica di oggettiva contrapposizione al movimento.

Nelle strade di Vicenza il 17 febbraio abbiamo assistito ad una grande manifestazione di massa ma nel contempo anche alle prove generali di una gestione del potere all’insegna della cosiddetta “governance”, per cui parte dell’esecutivo marcia a braccetto con un movimento che dice un sonoro NO alle scelte dell’esecutivo stesso.

Schizofrenia di una democrazia mutilata dal maggioritario, dalla fine della cultura di opposizione e da un trasformismo delle rappresentanze politiche che ha riportato il paese ai primordi del parlamentarismo italiano.

Non sappiamo quanto tempo ancora ed in che modo questa mediazione potrà reggere nelle piazze e nelle mobilitazioni dei prossimi mesi. Certo è che anche gli obiettivi del movimento espressosi a Vicenza sono inconciliabili con la tabella di marcia del governo Prodi, in politica estera come in quella interna.

La parola d’ordine della autonomia e dell’indipendenza del movimento dal “governo amico” crediamo sia l’elemento imprescindibile per affrontare i nuovi passaggi che ci aspettano, a Vicenza ed in tutto il paese.

Il comitato promotore della rete “Disarmiamoli” ha partecipato attivamente alla manifestazione vicentina, animando un forte spezzone colorato e combattivo, che ha raccolto molte realtà nazionali impegnate sui territori contro basi e guerra, coordinatesi intorno agli obiettivi emersi dal convegno dello scorso 10 febbraio a Bologna.

Occorre ora organizzare un fronte di resistenza alle strategie belliciste del governo Prodi, portando a sintesi le spinte provenienti da Vicenza.

La Ederle sarà trampolino di lancio per l’offensiva di primavera in Afghanistan. Per questo si vuole potenziare la presenza USA al Dal Molin. Il nostro paese è direttamente coinvolto in quella guerra, per la quale il parlamento sarà di nuovo chiamato ad esprimersi nel mese di marzo.

A marzo la forza del movimento dovrà riversarsi nelle strade della capitale per dire un NO secco alla presenza delle truppe italiane in Afghanistan e alle basi della guerra.

SU QUESTI OBIETTIVI CHIAMIAMO TUTTO IL MOVIMENTO AD UN CONFRONTO A FIRENZE, SABATO 4 MARZO ALLE ORE 9,30 PRESSO IL DOPOLAVORO FERROVIARIO.

Il Comitato promotore per la Rete nazionale Disarmiamoli

www.disarmiamoli.org info@disarmiamoli.org 3381028120