Sommergibili Usa, dalla Maddalena al Medioriente – 28-12-05

Con grande scalpore, qualche settimana fa, è passata sui media la notizia che (finalmente!) i sommergibili atomici americani di stanza alla Maddalena se ne andranno. Non si sa ancora come e, soprattutto, quando, ma Antonio Martino ne ha pomposamente annunciato la prossima dipartita.

DA http://www.megachip.info/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=1289

Sommergibili Usa, dalla Maddalena al Medioriente – 28-12-05
Con grande scalpore, qualche settimana fa, è passata sui media la notizia che (finalmente!) i sommergibili atomici americani di stanza alla Maddalena se ne andranno. Non si sa ancora come e, soprattutto, quando, ma Antonio Martino ne ha pomposamente annunciato la prossima dipartita. La questione dell’abbandono della base della Maddalena pone alcuni interrogativi poiché, durante l’estate, Martino si era dimostrato totalmente disponibile alle richieste americane per un ampliamento della superficie di mare "off limits" dedicata all’attracco dei sommergibili e della nave appoggio che funge da officina galleggiante; anzi, si era anche impegnato a cedere alcune caserme italiane sull’isola e all’approvazione della costruzione di un nuovo molo per l’attracco a terra dei sommergibili

Come è possibile allora che un governo, sino a pochi mesi fa supino ad ogni pretesa dell’"alleato", abbia poi avuto un qualsivoglia ruolo attivo nella repentina decisione americana di abbandonare (con comodo, s’intende) la Maddalena per trasferirsi non si sa dove? Non è logicamente possibile. La decisione americana può, in parte, essere dovuta alla pressione popolare e all’impegno personale profuso dal presidente della regione Sardegna Soru per la smilitarizzazione dell’isola, ma, principalmente, è dovuto ad un repentino cambio di strategia statunitense tendente a portare le basi atomiche il più vicino possibile (almeno per quanto riguarda l’Europa) al medioriente, come conferma anche la decisione di spostare il comando generale della marina NATO da Londra a Napoli.
Resta la sgradevole sensazione che, per quanto auspicabile, questa decisione sia passata assolutamente sopra le teste dei nostri governanti, come sempre accade e come è sempre accaduto in passato riguardo all’uso a scopi militari del nostro territorio.
Ricordiamo che le basi americane in Europa nacquero come retaggio della Seconda Guerra Mondiale e, dopo la minaccia espansiva dell’impero sovietico, si giustificarono con la nascita della NATO, cioè del braccio armato del Patto del Nord Atlantico. Tale patto prevedeva, in caso di attacco da Est verso uno Stato membro, la mutua difesa di tutti gli altri Stati membri; era un patto assolutamente difensivo, insomma.
La questione della trasformazione dei compiti delle basi NATO americane dopo l’implosione dell’impero sovietico non è mai stata affrontata seriamente dai nostri governi né da quelli europei interessati. Da un compito di mutua assistenza militare, in caso di attacco ad uno degli Stati membri, si è passati ad una sorta di limbo, privo di qualsiasi legittimazione parlamentare, nel quale le basi americane in Europa vengono usate per scopi (spesso ostili) verso Paesi terzi senza che il Paese ospitante possa avere il benché minimo potere di mediazione. La situazione si è notevolmente aggravata dopo l’11 settembre 2001. Ad esempio è ben noto come la grande base americana di Ramstein, in Germania, sia di fatto una retrovia logistica del fronte iracheno. Ora, se l’Italietta di Berlusconi ha ritenuto opportuno essere complice di Bush nell’invasione dell’Iraq, non così è stato per la Germania, che si è sempre opposta a tale atto di banditismo internazionale. Le attività assai poco trasparenti che gli americani svolgono a Ramstein non rischiano di essere in conflitto con la politica estera tedesca? Cosa c’entrano tali attività con le finalità primigenie (e ormai totalmente anacronistiche) delle basi NATO? Per non parlare poi dei rapimenti. Come ampiamente reso sulla stampa la primavera scorsa, la base americana di Aviano fu utilizzata, insieme a Ramstein, per rapire il presunto estremista islamico Abu Omar e portarlo in Egitto, a disposizione degli sgherri della polizia politica di Mubarak per farlo torturare.
In realtà un tentativo, da parte americana, di dare una nuova impostazione consensuale alla NATO vi è stato. Il 20 aprile 1999, nel pieno dei bombardamenti sulla Serbia, si è svolta una riunione riservata a Washington con i partners europei (chiedere a Massimo D’Alema per conferma) in cui l’amministrazione Clinton ha chiesto di trasformare le finalità della NATO da puramente difensive a offensive ("peace enforcing") verso tutte le aree, europee e non, che presentassero problemi di destabilizzazione e rientrassero negli interessi geopolitici americani. Cosa abbiano risposto i rappresentanti europei ed in particolare gli italiani non è ovviamente dato sapere, ma si può chiaramente desumere dagli avvenimenti successivi che la mossa americana ha avuto un successo solo parziale, con la contropartita di indebolire grandemente l’unità politica d’intenti dell’organizzazione.
Le truppe europee della NATO non sono, difatti, mai intervenute in maniera integrata nei conflitti che si sono succeduti negli ultimi anni. Non sono intervenute direttamente in Kosovo, attendendo prima di entrarvi che l’aviazione americana, forte della sua inarrivabile superiorità tecnica, dissanguasse la Serbia garantendo, nello stesso tempo, l’impossibilità all’aviazione serba di attaccare l’Italia, da cui partivano i raids aerei, ed entrandovi quando le truppe di Milosevic si erano ritirate. Non hanno combattuto in Afghanistan, facendo fare il lavoro "sporco" alle milizie dei "signori della guerra" delle repubbliche centro-asiatiche ed ai marines americani che li foraggiavano, e limitandosi ad occupare solo la città di Kabul a cose fatte. Hanno, infine, totalmente rifiutato di avere, come truppe NATO, qualsivoglia ruolo nell’occupazione dell’Iraq, malgrado i lodevoli sforzi fatti a suo tempo da Franco Frattini, dal sullodato Antonio Martino e dal sempre autorevole agente della CIA Giuliano Ferrara i quali hanno fatto una pressante azione di "lobbying" a tal riguardo in sede dell’organizzazione politica NATO.
Insomma, per riassumere la nuova situazione in una frase, gli europei della NATO non hanno avuto la forza di imporre agli americani un ridisegno completo dell’alleanza, come i tempi nuovi imporrebbero, ma, nello stesso tempo, si sono di fatto rifiutati di trasformarsi negli àscari coloniali delle conquiste militari dei Grandi Stati Uniti d’America. Resta comunque il problema dell’uso improprio che gli USA tuttora fanno delle basi in Europa, scavalcando qualsiasi mediazione con i Paesi ospitanti
Le elezioni politiche sono, ormai, prossime nel nostro Paese; sarebbe ormai tempo che il centrosinistra inserisse, nel suo programma, un ampio dibattito parlamentare sullo scopo attuale della NATO e delle basi americane in Italia.
Sino ad oggi la questione è stata portata avanti solo dalla sinistra cosiddetta "radicale" o "estrema".
Ora, io mi chiedo, cosa c’è di "estremo" o "radicale" nel prendere atto che la situazione internazionale, negli ultimi 15 anni, è radicalmente cambiata in Italia ed in Europa e che nessun esercito ci minaccia più?
Cosa, mi chiedo ancora, c’è di "estremo" o di "radicale" nel chiedere, conseguentemente, un profondo ripensamento sulla presenza di basi straniere sul nostro territorio e, comunque, nella revisione parlamentare della miriade di patti e sottopatti secretati da tutti i precedenti governi della Repubblica che rendono assolutamente oscura ed insindacabile l’attività di tali basi poste sul nostro territorio?
Non ci sono e non ci saranno mai un’Italia ed un’Europa veramente libere e sovrane se una Potenza straniera potrà trafficare a piacimento nelle proprie basi militari senza rispetto della legalità e senza controllo alcuno da parte del Paese ospitante

di Gian Carlo Caprino