LICENZIAMENTI A CAMP DARBY: IL RICATTO DEL LAVORO E DELLA GUERRA

La vicenda dei licenziamenti a camp Darby rischia di giungere ad un epilogo negativo per i lavoratori italiani lì impiegati.

Se dovessero rendere esecutiva la decisione di licenziare gli 87 lavoratori, le gerarchie militari USA unirebbero al danno umano la beffa di un uso delle nostre maestranze, dei nostri territori, e della nostra sovranità nazionale a loro uso e consumo.

LICENZIAMENTI A CAMP DARBY: IL RICATTO DEL LAVORO E DELLA GUERRA

La vicenda dei licenziamenti a camp Darby rischia di giungere ad un epilogo negativo per i lavoratori italiani lì impiegati.

Se dovessero rendere esecutiva la decisione di licenziare gli 87 lavoratori, le gerarchie militari USA unirebbero al danno umano la beffa di un uso delle nostre maestranze, dei nostri territori, e della nostra sovranità nazionale a loro uso e consumo.

Le uniche rappresentanze sindacali ammesse, dato che gli americani non vogliono sindacalisti della CGIL o di sinistra nella base, contro ogni elementare diritto democratico, sembrano impotenti di fronte a quest’orientamento.

Di fronte a quest’infausta eventualità gli 87 lavoratori devono trovare immediatamente un sostegno da parte della nostra comunità, attraverso l’interessamento delle amministrazioni locali.

Il nostro Comitato ha più di una volta proposto in questi mesi la creazione di un “fondo per la riconversione di camp Darby”, in grado di trasformare in politiche concrete le vaghe indicazioni di superamento della base militare.

L’attuale emergenza occupazionale può essere spunto a che questo fondo si trasformi in qualcosa di tangibile, in modo che i lavoratori di volta in volta licenziati possano essere impiegati per lavori di pubblica utilità, possibilmente nelle aree adiacenti la base stessa, in attesa della sua riacquisizione ad un uso civile.

I fondi ci sono, basterebbe stornare il contributo che lo Stato italiano ogni anno versa a fondo perduto nelle casse dei militari USA come manutenzione delle basi stesse!

Lo Stato italiano paga, infatti, ogni anno il trentasette per cento dei costi delle basi e delle truppe americane di stanza nel nostro paese: risulta dai documenti ufficiali di bilancio delle forze armate Usa, del Dipartimento della difesa e del Congresso (il Parlamento) degli Stati Uniti.

Nel 2002 i contribuenti italiani hanno partecipato alle spese militari americane per un ammontare di 326 milioni di dollari. Tutto questo in base ad «accordi bilaterali» («bilateral agreements» nei testi originali).

Di fronte a questi dati verrebbe facile la risposta a chi chiede ai pacifisti di pagare da mangiare agli eventuali lavoratori licenziati. I pacifisti in quanto contribuenti concorrono già alle spese di quella base straniera.

Colui che dalle pagine del Tirreno ha posto in questi termini il confronto con i pacifisti è semplicemente caduto nella trappola di chi vuole allontanare da sé ogni responsabilità.

I responsabili dell’attuale crisi occupazionale alla base di camp Darby sono esclusivamente le gerarchie militari USA, non per un progetto di smantellamento di camp Darby, ma ad una sua ristrutturazione in funzione della prossima aggressione militare contro l’Iran.

Il Comitato per lo smantellamento e la riconversione a scopi esclusivamente civili della base USA di camp Darby ha un progetto per il mantenimento e la moltiplicazione dei posti di lavoro nell’area riconvertita ad usi esclusivamente civili.

Su questo progetto chiamiamo i lavoratori, le rappresentanze sindacali, i partiti politici e le istituzioni al confronto pubblico.

Comitato unitario per lo smantellamento e la riconversione a scopi esclusivamente civili della base USA di camp Darby